Alessio Barchitta      |      Artwork

Ricordi quando eravamo

 

2017

 

Il progetto presenta un oggetto comune, la poltrona, lo spoglia dei suoi attributi e lo erge a feticcio di ciò che era. Questa poltrona, recuperata dai rifiuti, e quindi soggetto del suo passato e della sua storia, ci parla con una lingua condivisa, la lingua dell’esperienza, nostra ma anche di altri. Essa si ripresenta alla vita nuda dei tratti che solitamente la caratterizzano: senza rivestimento, senza imbottiture, solo scheletro. Non più a pavimento ma su un piedistallo, guarda sicura lo spettatore. La struttura è trattata con la tecnica giapponese dello Yakisugi, carbonizzata e oliata, protetta per sempre dal lento scorrere del tempo. Così, eterna, non perde in significato né in significante, anzi esalta, spoglia, la sua essenza: tramite la mancanza, obbliga l’interlocutore a riflettere sul suo essere. Della comodità non rimane che un ricordo, un suono che cattura l’attimo ultimo in cui le imbottiture vengono definitivamente strappate. La seduta diviene cassa di risonanza, ricreando nella moltitudine un dialogo e più voci. La poltrona urla il suo grido: l’uomo, sovrastato e vinto, la osserva da un nuovo punto di vista. Essa ci macchinizza quanto noi macchinizziamo lei. “Ricordi quando eravamo” recupera la storia di più generazioni, negli stili, nel contesto sociale ed economico. Ci parla del rapporto a tu per tu, perso e dimenticato. Si ripresenta come mezzo di distanza, così come il moderno e sterile modo di rapportarsi “on-line”.

The project presents a common object, the armchair, strips it of its attributes and erects it as a fetish of what it was. This armchair, recovered from waste, and therefore the subject of its past and its history, speaks to us with a shared language, the language of experience, ours but also that of others. It presents itself to the naked life of the traits that usually characterize it: without coating, without padding, only skeleton. No longer on the floor but on a pedestal, look at the spectator, sure of himself. The structure is treated with the Japanese Yakisugi technique, charred and oiled, forever protected by the slow passage of time. Therefore, eternal, it does not lose its meaning or meaning, rather it exalts, strips, its essence: through lack, it forces the interlocutor to reflect on his being, too often taken for granted. Comfort remains only a memory, a sound that captures the last moment when the padding is definitively torn off. The armchair shouts its cry: the man, overwhelmed, observes him from a new point of view. Assailed by an ecumenical disorientation, he understands it.
The work “Memories when we were” recovers the history of different generations, in styles, in the social and economic context, when the house was a stable place, to be perpetuated and handed down. He speaks of other places and times, he gives himself as the last fetish of the idea of ​​home.

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Legno trattato con la tecnica dello Yakisugi, viti, diffusore sonoro, cavo elettrico, acciaio.

Dimensioni variabili
2017