Alessio Barchitta      |      Artwork

Errante Eterotopico

 

2017

 

La casa, intesa come spazio vissuto nel quotidiano, rischia di perdere parte del suo significato per colpa di alcuni nostri modelli comportamentali: si riduce a bene ipotecabile, impersonale e provvisorio. Errante Eterotopico pone una riflessione sul confine labile tra interno ed esterno, tra precario e permanente; parla di luoghi e nonluoghi, della temporalità attuale e dei suoi protagonisti. A noi, pellegrini in uno spazio de-realizzato, viene richiesto di essere ovunque, come esseri radicanti e mai troppo definiti. Così, identità e luoghi si fanno utopie, fantasmi. Siamo turisti o vagabondi, eroi o vinti, migranti che non conoscono alcuna ultima meta. Definirsi è pericoloso; la postmoderna strategia di vita impone di evitare come fosse fuoco tutto ciò che esiste “per sempre”, nei secoli dei secoli, finché morte non ci separi. Allora anche la casa cambia connotazioni, diventa capanno, struttura provvisoria e vuota, pronta a scappare con noi ancora una volta. L’opera figura la costruzione archetipica del modello di casa, ambiente unico col tetto a spiovente, per non tradire l’immaginario collettivo. Caratteristica fondamentale del progetto è il suo processo, che segue precise logiche formali. Errante Eterotopico, infatti, è un’opera che muta, con il luogo e nel tempo. Ospitata all’interno di un passaggio metropolitano a Milano, nel castello monumentale di Milazzo, e ancora nell’aeroporto di Malpensa, Errante Eterotopico muta soltanto tornando nel paese natio dell’artista, diventando fortezza inespugnabile. Qui abbandona il telo precario di rivestimento per essere interamente ricoperta da assi in legno recuperate da pallet, impedendo qualsiasi accesso. Incendiata, Errante Eterotipico lascerà traccia fisica di sé su chiunque ne entri in contatto. Così l’opera vive due momenti distinti: nel primo, mostrato a Milano, la casa, ricoperta dal dorato telo isotermico, è riparo provvisorio, di uno e di molti, eredità che permette al migrante di creare le sue proprie eterotopie.

La struttura in legno traccia il volume sopra il quale è poggiata la copertura a due strati composta all’esterno da teli isotermici e all’interno da lenzuola usate. La bivalenza del rivestimento mette in luce il contrasto tra due elementi utilizzati entrambi per indurre calore ma caratteristici dicontesti assolutamente differenti. Accedendovi, si incontra un luogo intimo e domestico, estraneo agli spazi esterni, totalmente privi di tali attributi. Nel secondo momento, invece, la casa è inaccessibile e solida.Il vagabondo, al rientro dal suo viaggio, riconosce in parte la casa come propria, infinitamente pregna e appesantita da ricordi. Impossibilitato nel “portarsela dietro”, vede come unica soluzione quella di alleggerirla, smembrandola, per poi ricostruirla, idealmente, come il riparo della prima esposizione. La casa natia, come un forte, legata al suolo da radici impossibili da estirpare, è oggetto perturbante, familiare e inquietante al tempo stesso. La casa di origine rimane quella dei bei vecchi ricordi, luogo che nella memoria resta tale nonostante la lontananza: la sua immagine è sempre positiva; idealizzata e irreale, al rientro, impedirà al vagabondo di riconoscersi nello spazio, obbligandolo a riprovare la stessa sensazione di smarrimento propria del viaggio.

The house, as a space lived in daily life, risks losing part of its meaning due to some of our behavioral models: it becomes just a property, increasingly impersonal and temporary. Errante Eterotopico poses a reflection on the thin border between inside and outside, precarious and permanent; it speaks of places and non-places, of current temporality and its protagonists. We, pilgrims in a derealised space, are required to be everywhere, loosing our defined beings. Thus, identities and places become utopias, ghosts. We are tourists or wanderers, heroes or losers, migrants who do not know any last destination. The project consists in an achetipated form of house that moves to places of passage, becoming temporary sheds and returning to being fortress when it is exposed in the artist’s city of origin.

Alessio_barchitta_Errante_eterotopico_dettagli_tecnici

Assi in legno trattate con la tecnica dello Yakisugi non oliate, murali in abete, viti, ruote.

240 x 180 x H310 cm
2017
Barcellona Pozzo di Gotto


Telo isotermico, lenzuola in cotone, murali in abete, viti, lampada alogena, cavo elettrico.

700 x 600 x H300 cm
2017
Milano, Milazzo